Don Jorge Maria Randle, sacerdote argentino laureato in Teologia morale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma ed oggi parroco in una diocesi italiana, ha deciso di occuparsi della grave piaga dell’aborto, ma in un’ottica decisamente nuova e generalmente trascurata, quella della pastorale post-aborto, pastorale che si preoccupa del dramma di quei padri e di quelle madri, chiamati a riconciliarsi col figlio abortito, con Dio e con sé stessi, compito decisamente improbo, se affrontato in solitudine: «Questo è un libro davvero necessario, quello che mancava – scrive Costanza Miriano nella Prefazione – una piccola chiave preziosa per cercare di aprire il cuore, di sfondare quella barriera che sembra inesorabilmente dividere quando si parla di aborto, di comunicare nel modo giusto con le donne che sono tentate dal dire no alla vita, ma soprattutto con quelle che hanno già fatto quel passo».
Da un lato l’aborto va condannato senza se e senza ma, dall’altro il sacerdote deve possedere gli strumenti antropologici e teologici, per guarire con la grazia di Dio le ferite prodotte in cuori spezzati dalla decisione d’uccidere il proprio figlio in grembo. Scrive don Randle nella Conclusione: «Raggiungere l’equilibrio tra questi due estremi di odio al peccato e amore al peccatore è una sfida».
In appendice sono presenti studi sui criteri diagnostici della sindrome post-aborto, l’afflizione traumatica ed il processo di perdono, oltre ai documenti del Magistero della Chiesa, per approfondire la delicata materia.