Aveva solo otto anni, quando venne rinchiuso nella prigione del Tempio, assieme a suo padre, re Luigi XVI, e sua madre, la regina Maria Antonietta. Era il 1793, da quattro anni i fuochi diabolici della Rivoluzione stavano devastando la Francia e, con essa, il mondo intero. Il diario, pubblicato da Solfanelli Edizioni, racconta il tremendo calvario imposto al “Piccolo re”, ben presto strappato alle cure ed all’amore dei propri genitori, per venire affidato ad un fanatico rivoluzionario, il ciabattino Simon, un uomo senza scrupoli, che ricevette il compito preciso di «spegnere in lui ogni incarnazione di regalità». Da quel momento in poi a scandire la giornata del Delfino furono solo e sempre umiliazioni, dall’imposizione del cappello frigio, tipico della Rivoluzione, alle continue percosse. Trattato come uno schiavo, il bambino venne obbligato a svolgere i lavori più umili e costretto alla sera, in una sala da biliardo, ad assistere alle scene più indecenti, di cui si rendeva protagonista la soldatesca ubriaca.

Luigi XVII, provato nel fisico dalle persistenti vessazioni, abbandonato da tutti, morì alle ore 14 dell’8 giugno 1795. Aveva solo dieci anni. La sua vicenda finì per commuovere e convertire anche il suo ultimo carceriere, che gli diede quanto meno sepoltura, benché sommaria, nel cimitero di Santa Margherita, a Parigi, con questo epitaffio, tratto dalla prima delle Lamentazioni del profeta Geremia, apposto sulla lapide: «Attendite et videte si est dolor sicut dolor meus» ovvero «Attendete e vedete se vi sia dolore quale il mio».