Nell’introduzione al primo volume del Diario di prigionia scritto dal cardinal George Pell, il prof. George Weigel, Distinguished Senior Fellow presso l’Ethics and Public Policy Center di Washington, dove è titolare della cattedra di Studi cattolici William E. Simon scrive: «Questo diario non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Il fatto che sia stato scritto testimonia la capacità della grazia di Dio di ispirare discernimento, magnanimità e bontà in mezzo a situazioni in cui regnano male, cattiveria ed ingiustizia. Che poi sia stato scritto con tanta eleganza è indice dell’impronta cristiana che la grazia di Dio ha impresso nel suo autore. Come e perché egli si sia ritrovato in prigione, e per più di tredici mesi, per dei crimini che non ha commesso e, anzi, che non poteva nemmeno commettere, è un’altra storia e molto meno edificante».

L’accusa era pesante e la condanna pure: abusi sessuali, sei anni di galera. Ma la prima, l’accusa, si rivelò totalmente falsa; la seconda, la condanna, fu invece vera e purtroppo riservò a Sua Eminenza un trattamento da «sorvegliato speciale», come se si trattasse di un pericoloso «terrorista». Solo l’assoluzione totale e piena conseguita in appello presso l’Alta Corte d’Australia il 7 aprile dell’anno scorso, ha garantito l’innocenza e restituito anche al cardinal Pell quella dignità ch’è dovuta ad ogni essere umano. Ha scritto in merito l’editore, David Cantagalli: «Quando alcuni mesi fa ho ricevuto l’invito a pubblicare l’edizione italiana del Diario di prigionia, ho accettato con grande entusiasmo principalmente per un motivo: il Diario del Cardinale non è soltanto un racconto, un resoconto dei giorni di prigionia di un uomo coraggioso ed onesto. Ciò che più mi ha appassionato è la sua testimonianza di fede chiara, sincera. Una fede vissuta, concreta».