Ultimamente, anche ai vertici della Chiesa, si fa un gran parlare di “povertà evangelica”, proponendo un modello, che spesso richiama la “teologia della liberazione”.

Don Beniamino Di Martino, direttore della rivista StoriaLibera e docente di Dottrina sociale della Chiesa presso l’Istituto Claretianum della Pontificia Università Lateranense, affronta i passi evangelici relativi al tema povertà e della ricchezza, dimostrando come la seconda non sia “un male in sé” e tanto meno la prima sia “un bene in sé”.

Lo studioso approfondisce attentamente in particolare il Vangelo di Luca (che per lo spazio lasciato al tema della povertà è anche detto “il Vangelo dei poveri”) e passa in rassegna le molteplici interpretazioni, comprese quelle di carattere linguistico.

Ma rifiuta queste interpretazioni riduttive per fare un salto qualitativo: l’abbandono della ricchezza è soprattutto il distacco dalla materia, mentre l’esaltazione della povertà riguarda quella spirituale, non materiale (per la quale sarebbe più adatto il termine miseria o penuria), un male da evitare, non certo un bene da perseguire. «Quella evangelica – conclude l’autore – è, quindi, una sorta di nuova realtà della povertà che ha poco (o addirittura nulla) a che fare con la indigenza.

Tra la povertà spirituale e quella materiale vi è la stessa differenza che intercorre tra l’uso virtuoso dei beni e l’assenza patita (e non scelta) del benessere» (p. 157).