«Non è più ricuperabile un dolce ormai avariato in quasi tutta la sua pasta»: tale inappellabile giudizio è stato emesso da mons. Pier Carlo Landucci (1900-1986), ingegnere, topografo e matematico, nonché filosofo, teologo, rettore del Seminario Romano contro l’opera del gesuita Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), teologo panteista ed evoluzionista, considerato uno dei maestri del modernismo.
La casa editrice Effedieffe ha ripubblicato un testo fondamentale per smascherare le falsità, anzi le aberrazioni ideologiche di quest’ultimo: si tratta di una sintesi del più ampio volume (quasi 500 pagine) Miti e realtà, apparso nel 1968.
In quest’opera mons. Landucci ha modo di segnalare gli errori teologici e filosofici di Teilhard de Chardin (curiosamente, discendente di Voltaire da parte di madre): l’autore propende per la buona fede del gesuita, ma ne sottolinea la grande confusione mentale, capace di partorire nebulose e vuote fantasie. Tornato alla ribalta nel LX anniversario della morte, Teilhard affascina sia miscredenti sia credenti. Eppure, bisognerebbe dare peso al fatto che la stessa massoneria rivendichi il merito della pubblicazione e della diffusione dei suoi libri postumi, in quanto dissolutori della Dottrina cattolica.
È questo, secondo Landucci, il vero motivo del larghissimo successo postumo di questo autore “proibito”: le evanescenze teilhardiane, di tipo panteistico, sono dannosissime per la necessaria concretezza del cammino ascetico e della vita cristiana e distruggono l’«originalità del Cristianesimo», che è la relazione intima e personale con il concreto ed amabilissimo Uomo-Dio.