Il romando Noi di Zamjatin (1884-1937), dissidente russo morto in esilio a Parigi, risale al 1919, fu censurato in Patria, ma pubblicato in Francia e in Inghilterra. Già preconizza il futuro totalitario del regime bolscevico fin dal titolo: la mentalità del “noi” sostituisce la personalità legata al pronome “io” e cancella la proprietà, connessa al “mio”.

Nella società del Tremila, in cui il comunismo si è già affermato su tutto il globo terrestre e decide di portare la propria felicità al resto dell’universo, imponendola con la forza se necessario («la violenza è una forma di amore», afferma una dirigente del Partito, a proposito del voler inculcare ai bambini le giuste idee), il protagonista è un ingegnere, entusiasta dello stato di cose, che redige un diario in cui descrive la società perfetta: città dalle costruzioni in vetro, perché tutti possano controllare tutti; abolizione della famiglia, sostituita da incontri sporadici su prenotazione (dalle 16 alle 17 e dalle 21.30 alle 22.30, durante le due «ore di libertà», in cui è possibile avere la necessaria privacy); infanti affidati allo Stato, che si occupa in tutto e per tutto della loro educazione. L’intera giornata dev’essere passata coi «compagni», sul posto di lavoro o nelle continue riunioni sociali.

Una volta all’anno si celebra la farsa delle elezioni nella Giornata dell’Unanimità, in cui tutti danno il voto al Benefattore, rieletto da 40 anni. Le «unità» – ovvero gli uomini – hanno i nomi composti da sigle alfanumeriche: il protagonista si chiama D-503, la ragazza che frequenta inizialmente O-90 e la donna di cui si innamora I-330.

Il dramma scoppia, quando I-330 instilla nella mente di D-503 la possibilità che la verità del Partito non sia assoluta e cerca di coinvolgerlo in un tentativo di rovesciare il regime; O-90, dal canto suo, compie un atto in un certo senso ancor più rivoluzionario: desidera divenire madre, infrangendo le rigidissime regole del Partito, che vieta la famiglia e impone la procreazione artificiale. D-503, con i suoi dubbi, inizia a pensare di essere realmente pazzo e ritiene di doversi sottoporre alla lobotomia per poter “guarire”.

Noi ha l’indubbio pregio di aver intuito le derive del comunismo fin dagli albori della rivoluzione bolscevica.