Nel libro La Naziona napoletana, Gigi Di Fiore, giornalista e studioso meridionalista, parte dal racconto di una serie di storie “dimenticate” di soldati dell’esercito sconfitto, che restituiscono un Risorgimento “al contrario”, visto e vissuto dalla parte dei vinti: storie di eroismo e coraggio, come quella dei militari che scelsero la “via dell’onore”, rimanendo fedeli al giuramento prestato e seguendo il Re nell’assedio di Gaeta; storie di fede e determinazione, come quella del magistrato Pietro Calà Ulloa, l’ultimo capo del governo borbonico; ed anche storie di ribellione, come quella dei lavoratori dello stabilimento di Pietrarsa, che dettero vita alla prima rivolta operaia dell’Italia unita, finendo prima massacrati dall’esercito (trent’anni prima di Bava Beccaris!) e poi sepolti di nascosto.
L’autore rivaluta le radici culturali e storiche del Meridione, rappresentate non solo dalla dinastia più amata, quella dei Borbone, ma anche dalla precedente, sostanziale unità del regno che dai Longobardi agli Svevi, dagli Angioini agli Aragonesi, per giungere all’unione con la Corona delle Spagne, aveva espresso caratteristiche comuni. Quello meridionale era il Regno più antico (oltre che più ricco) della penisola italiana.
Per comprendere, allora, che cosa sia andato perduto con la nascita del Regno d’Italia, Gigi Di Fiore si affida a una serie di storie solo apparentemente minori, compiendo un viaggio in un passato che spesso appare ancora presente.