San Gregorio di Narek, poeta e mistico vissuto nella seconda metà del X secolo, è stato proclamato Dottore della Chiesa universale proprio nell’anno in cui ricorse il centenario (1915) dell’inizio del genocidio da parte dei Turchi dell’etnia cui apparteneva, quella degli Armeni.

L’opera di Gregorio di Narek, come scrive mons. Rino Fisichella nell’Introduzione, presenta «una felice sintesi tra la teologia e la spiritualità», secondo un «binomio comune alla tradizione patristica e orientale. La riflessione che emerge dai testi di san Gregorio è da considerarsi come una vera e propria preghiera fatta con l’intelligenza del credente che spazia nei meandri del mistero divino».

A cavallo tra la Patristica e la Scolastica, Gregorio di Narek presenta tratti di grande attualità, come ad esempio il tema della trascendenza di Dio e il senso del limite personale. L’antologia, curata da Natale Benazzi, presenta brani tratti dal Libro delle Lamentazioni, dal Discorso panegirico alla Beatissima Vergine Maria e dal Commentario al Cantico dei Cantici.

In particolare in quest’ultimo risalta l’attenzione – che oggi definiremmo “filologica” – posta dall’autore nell’analisi del testo, le cui oscurità vengono dissipate da san Gregorio di Narek, con l’aiuto dello Spirito Santo, trasponendo il vero significato dei singoli versi del Cantico: non l’apparente esaltazione del piacere mondano, bensì l’altissimo valore simbolico di nozze mistiche.

Il titolo dell’antologia, tratto da un verso di San Gregorio, rimanda al khatchar, la Croce incisa nella pietra, simbolo della religiosità armena e della sua granitica saldezza, che cento anni fa i Turchi tentarono invano di cancellare e che, ai nostri tempi, è stato preso di mira dagli islamici, i quali hanno distrutto centinaia e centinaia di croci al confine tra Armenia e Azerbaijan.