Può il divorziato risposato ricevere l’eucarestia? «Non è la prima volta che la Chiesa, nella sua bimillenaria storia, si pone questo problema. […] Ma soprattutto, la Chiesa non può non rifarsi sempre alla Tradizione, nel rigoroso senso teologico del termine, della quale il “consenso dei Padri” in una questione precisa è organo privilegiato», scrive il cardinal Caffarra nella prefazione. La questione è tornata in auge dopo la pubblicazione della “Relazione” fatta dal cardinale Kasper nel Concistoro segreto del 20 febbraio 2014, causando un’accesa discussione: se il divorziato-risposato possa accostarsi al sacramento della Confessione, ricevere l’assoluzione e ricevere l’Eucarestia, pur continuando a rimanere nel suo stato di divorziato-risposato.

E poiché la Chiesa «non può non rivolgersi alla Tradizione», Alessandro Biancalani ha selezionato in questo volume tre scritti del gesuita francese Henri Crouzel (1919-2003), uno dei massimi patrologi, apparsi trent’anni fa in occasione di un saggio “possibilista” del sacerdote ecumenista Giovanni Cereti, recentemente riesumato dalla casa editrice Aracne. Dopo aver posto alcuni punti fermi di metodologia storica nel primo dei tre testi, Crouzel passa al contenuto, dimostrando tra l’altro come il termine dìgami utilizzato dai padri della Chiesa (che li ammettevano all’Eucarestia) si riferisce a coloro che hanno contratto nuove nozze non certo dopo il divorzio, bensì solo dopo la vedovanza.

Il problema, afferma Crouzel, è che certe tesi di “apertura” hanno successo anche perché i loro autori forzano il testo delle Scritture: «spesso si tratta di teologi o di canonisti che non sono specialisti dei primi secoli cristiani e conoscono poco le esigenze del metodo storico. Desiderosi di avere un impatto sul pubblico, essi non sono disposti ad impelagarsi in discussioni che non possono che appesantire il libro e scoraggiare i lettori: fissano pertanto in maniera oracolare il senso di ciascun passaggio senza impegnarsi negli studi necessari. Il risultato, di conseguenza, non soddisfa lo storico, che non può che deplorare l’influenza che tali saggi esercitano sul grande pubblico». Qualche esempio?

Mettere i legislatori laici sullo stesso piano dei padri della Chiesa, perpetuando l’equazione errata secondo cui, essendo il divorzio presente nel diritto civile, questo era accettato anche da quello canonico; oppure non tenere conto delle parole chiare di Tertulliano (fine del II secolo) alla cui luce vanno interpretati i testi posteriori sono due evidenti errori in cui ricadono gli storici dilettanti, la diffusione dei cui lavori è però molto maggiore di quella degli scritti degli storici dal rigoroso metodo scientifico.

La preferenza accordata all’allusione scura sull’affermazione chiara, l’esaltazione dell’approccio “positivistico” di matrice modernista, l’insufficienza dell’analisi storica, le letture lacunose etc., sono altrettanti errori in cui tanti autori contemporanei cadono. E in cui, purtroppo, fanno cadere anche tantissimi lettori in buona fede.